Gli ultimi due mesi del 2014 non sono stati, di certo positivi, per la Federazione delle Industrie Orologiere Svizzere. Dopo novembre, anche il mese di dicembre si è chiuso con un saldo negativo del 2,5%, non ostante un incremento dei volumi del 9,5% (distribuito su tutte le tipologie di materiali): un simile risultato è stato determinato da una generale flessione dei prezzi, fatta eccezione per le fasce basse e medio-basse, che, ovviamente, non sono riuscite a compensare le flessioni dei modelli dal costo superiore ai 500 chf (in entrata sui mercati).
Netta la débacle della Cina (-27,2%), ed anche Hong Kong ha rallentato (-10,3%), mentre Italia e Germania, seppur di poco, hanno incrementato. Tutto questo prima del terremoto valutario legato alla decisione, da parte della Banca Centrale Svizzera, di eliminare il tetto minimo del cambio con l’euro fissato a 1,2 franchi svizzeri. Una determinazione che ha voluto rispondere al “quantitative easing” della Banca Centrale Europea a sostegno delle principali economie europee.
L’impatto negativo del conseguente apprezzamento del franco sull’export elvetico per il 2015, è stato stimato dagli analisti in 5 miliardi di franchi svizzeri con i Gruppi del lusso che dovrebbero risentirne primariamente (le azioni Richemont e Swatch Group hanno subito immediatamente delle forti diminuzioni percentuali). Si trattava, comunque, di valutazioni immediatamente successive alla suddetta determinazione, quando il franco svizzero si è apprezzato sull’euro fino a raggiungere quota 0,86.
La Banca Centrale Svizzera, al fine di indebolire il cambio e ridar fiato alle esportazioni elvetiche, sta comunque operando per stabilizzare il cambio chf/euro tra l’1,05 e l’1,10, anche perché i riflessi negativi sull’economia rossocrociata si stanno già facendo vedere (licenziamenti, previsioni al ribasso, etc…). Illustriamo, comunque, ora, il consuntivo 2014 della Federazione delle Industrie Orologiere Elvetiche.