E lo fa senza soluzione di continuità, con percentuali altalenanti, ma difficilmente inferiori al -8%/-9%. Infatti, dopo un mese di giugno a -16,1%, in luglio la flessione delle esportazioni delle Industrie Orologiere Svizzere è stata del 14,2%, evidenziando la caduta libera degli orologi haut-de-gamme (-26,8% a valore e -31,1% a volume), ma anche il forte rallentamento dell’acciaio in termini quantitativi (-21,6%, equivalente a circa 100.000 unità in meno esportate). Tutte le fasce di prezzo sono in sofferenza, in termini generali, con quella più alta, a valore, a -16,2% e con la medio-medio alta che ha contenuto le perdite a -9,9%. Per quanto concerne le aree di mercato, la defaillance di Hong Kong superiore al 30% ha consentito agli Stati Uniti, per flettendo del 14,7%, di risultare il primo Paese importatore in luglio, mentre, in Europa, rileviamo una buona risposta dell’Italia (+9,9%) e della Gran Bretagna (+13,4%), con Francia e Germania in forte calo; prosegue, infine, la marcata riduzione delle importazioni dal Giappone (-11,9%).
In agosto, anche in conseguenza di un giorno lavorativo in più, il trend negativo si è attenuato, assestandosi al -8,8%, pari ad una cifra complessiva di 1.354,9 milioni di chf; la media mobile delle variazioni sull’anno, in agosto è vicinissima al -10% (in un anno si è verificata una flessione dell’8% circa). Tale dato dipende, quasi nella sua interezza, dalla permanente, ripida discesa degli orologi in metallo prezioso, che confermano il risultato di luglio con un -26,4% a valore e un – 25,4% a volume. L’analisi per materiali, infatti, lascia poco spazio ad ulteriori interpretazioni, con l’acciaio che, pur perdendo leggermente in volume (-1,8%), cresce a valore (+5,9%), così come le categorie “altri metalli (+0,1% a valore) e “altri materiali” (+16,8% a valore); i modelli in acciaio/oro, contengono la débacle al 4,2% a valore e al 3,7% a quantità. Nel complesso, a volume le esportazioni di orologi da polso sono diminuite del 4,5%, evidenziando, come accennato in precedenza che, fatta eccezione per la fascia più alta, sempre più vicino un punto di riequilibrio, considerando una sostanziale stabilità dei prezzi. Riflessione confermata osservando il grafico dell’analisi per segmentazione, centrata sulle fasce di prezzo degli orologi da polso (ovviamente in entrata sui diversi mercati e, dunque, ante ricarichi della filiera distributiva), dove la fascia “3.000 chf e +” evidenzia un -14,4% a valore e un -8,9% a quantità, mentre sia il segmento 200-500 chf, che quello 500-3.000, tornano di segno positivo sia a valore che in volume, rispettivamente, +9,3% e +8,5%, e, +4,9% e +11,7%; lieve la decrescita della fascia più economica, a valore (-0,7%) e, così, il nodo cruciale di una tendenza tanto negativa sembra concentrarsi esclusivamente sull’Alta Orologeria e sulle problematiche interne ai mercati più forti e trainanti in quel contesto. In tal senso, i numeri espressi dall’analisi delle aree di mercato, nel mese di agosto, per certi versi non cambiano, come per Hong Kong (-28,7%, negativo per il 18mo mese consecutivo), USA (-12,4%), Giappone (-27,1%), Germania (-14,7%, Francia (-24%), Russia (-14,1%), ma per altri eccome, e va sottolineato: ecco, allora, la Cina mettere a segno un +29,1%, accompagnata, nella sua area, da Singapore (+8,5%) e dalla Corea del Sud (+20,2%), mentre in Europa, la Gran Bretagna cresce del 23,5% (+46,4% rispetto al 2014) fruendo positivamente dell’effetto Brexit in termini valutari, con l’Italia che mantiene le posizioni (-0,9% e +19,7% versus 2014). Dunque, qualche timido segnale di risveglio proviene dal Far East, mentre il Middle East perde terreno con Emirati Arabi a -12%, Arabia Saudita a -31,8%, Kuwait a -6,4% e l’unica eccezione del Qatar a + 68,1% (ma su di un totale di spesa estremamente basso, 7,2milioni di chf). Il dato consolidato degli otto mesi del 2016 ci consegna un quadro ancora decisamente desolante, con le uniche eccezioni della Gran Bretagna (+0,4%) e il Canada (+4,2%). Il Giappone, che ad inizio anno sembrava aver avviato una liaison positiva con l’industria orologiera svizzera è entrato in fascia negativa (perde il 2,8%); gli USA, pur perdendo il 10,4% sono sempre più vicini ad Hong Kong, per la leadership dei Paesi importatori (l’avrebbero raggiunta se solo avessero confermato la spesa dello scorso anno). In Europa, non ostante tutto, l’Italia è sempre il primo mercato (anche se in flessione del 8,6% sul 2015), incalzata da presso dalla Gran Bretagna, mentre Germania e Francia fanno fatica, confermando una fase assai problematica sui consumi di beni voluttuari. Anche in Russia, il trend non accenna a mitigarsi (-19% sul 2015 e -44,9% sul 2014), mentre il Middle East rallenta, ma dimostra di essere sempre un eccellente bacino per l’orologeria elvetica, potenzialmente strategico.
Complessivamente, comunque, nei primi otto mesi del 2016, le industrie orologiere svizzere hanno fatturato 12 miliardi e 484 milioni di chf, -10,9% rispetto al periodo gennaio-agosto del 2015 (14 miliardi e 4 milioni di chf). In termini continentali, sempre per lo stesso periodo (Tabella 3 – da Continenti, Gennaio-Agosto 2016 – “solo tabella”), relativamente agli orologi da polso, in valore l’Europa ha regredito dell’8,6%, l’Africa ha incrementato del 1,7%, l’Asia ha ceduto il 12,4% (con Middle-East negativo del 2,7% e Far East del 16,6%), l’America ha perso il 10,3%, mentre l’Oceania ha lasciato sul terreno il 2%. A livello generale, l’Europa incide sul fatturato FHS per il 34,1% (in crescita), l’Asia per il 49,3% (in flessione), l’America per il 14,4% (in calo), e Africa e Oceania, influiscono, insieme, per il 2,2%). La fase di riequilibrio, seppur non dietro l’angolo, sembra un poco più vicina.
Dati Richemont – Primi cinque mesi dell’anno finanziario
Quanto illustrato, evidentemente, manifesta i suoi effetti tangibili sui risultati delle aziende operative sul mercato orologiero. Un esempio probante sono i risultati comunicati dal Gruppo Richemont, riguardo ai primi cinque mesi dell’anno finanziario 2016/2017 (ha inizio il 1° aprile di ogni anno): le vendite sono diminuite del 13% a cambi costanti (-14% a cambi correnti). Il segmento gioielleria (Cartier, Van Cleef & Arpels e Giampiero Bodino) ha fatturato il 15% in meno a cambi costanti (-16% a cambi correnti), mentre il turnover dei brand orologieri (A. Lange & Söhne, Baume & Mercier, IWC, Jaeger-LeCoultre, Officine Panerai, Piaget, Roger Dubuis e Vacheron Constantin) è diminuito del 18% (a cambi costanti) e del 19% (a cambi correnti). Evidentemente, tutte le aree geografiche hanno inciso su questo risultato: a cambi costanti, Europa a -18%, Giappone a -25%, Middle East e Africa a -10%, Asia Pacifico a -9% e Americhe a -6%.
Il Gruppo non prevede un miglioramento della situazione in settembre e, conseguentemente, si aspetta un utile operativo (rapporto tra Ebit e fatturato), per il primo semestre finanziario, inferiore del 45% rispetto a quello registrato lo scorso anno.