Sono passati ormai oltre 35 anni da quando un certo Chuck Hull, studiando l’utilizzo dei raggi UV per l’indurimento delle vernici, incappò in un’invenzione di quelle destinate ad entrare nella storia. L’ingegnere la chiamò stereolitografia e se il termine vi dice poco, sarà forse meglio tradurlo con la più popolare definizione di stampa 3D. L’invenzione di Hull, cofondatore della 3D System, ha aperto la strada all’era della prototipazione rapida, cambiando le regole del gioco per molti settori di produzione, tra i quali, senza alcun dubbio, la gioielleria e, più di recente, l’orologeria. Ma difficilmente sarebbe stato possibile qualche anno fa prevedere tutte le reali potenzialità e applicazioni di questa tecnologia, che oggi è adottata da un numero sempre maggiore di realtà imprenditoriali, da Bulgari, a Panerai e Graff, per fare tre esempi di prestigiose maison, fino ad aziende orafe di piccole e piccolissime dimensioni. In questi ultimi anni, infatti, la stampa 3D ha vissuto un vero e proprio boom che ha portato alla produzione di macchinari capaci di garantire qualità sempre maggiore, e alla commercializzazione di stampanti davvero per tutti gli usi e per tutte le tasche (si va da poche migliaia di euro a qualche centinaio di migliaia).
“La qualità crescente ha portato il settore orafo – del gioiello, degli accessori e dell’orologeria – a utilizzare questi strumenti per migliorare le performance dei propri prodotti ed elaborare geometrie più complesse di quelle che si sarebbero potute ottenere a mano”, ci ha spiegato Salvatore Saldano (nella foto), CEO e fondatore di ShapeMode, una Smart Company specializzata nella Digital Fabrication, spin off del FabLab Milano. “La serolitografia funziona grazie all’utilizzo di spot laser (luce UV) e resina fotosensibile. La resina in stato liquido si solidifica in sottili strati quando il laser va a impressionarla e il risultato finale tridimensionale che si può ottenere oggi è quello di una finitura superficiale molto alta, sulla quale non si vedono le righe degli strati, esattamente come in un prodotto stampato con iniezione. Ma i tempi di realizzazione sono decisamente inferiori [da settimane a poche ore, per capirci, ndr.]”. Come prevedibile non sono state poche le perplessità iniziali sull’applicazione di una simile innovazione nel campo della creazione artigianale, ma oggi è evidente che la componente creativa umana resta sempre e comunque al centro del processo, reso semplicemente più rapido, efficiente e preciso grazie a queste nuove tecnologie. “La domanda è sempre: quanto l’uomo ci mette ancora la propria mano?”, ci ha detto ancora Saldano. “Ma gli strumenti CAD 3D, i software di modellazione, non elaborano geometrie da sole: c’è una persona, un operatore che sa come si può creare un componente, sia esso un quadrante di orologio, un orecchino o un bracciale. Anziché avere un panetto di cera tra le mani, ha un mouse e un software. Certo cambia il paradigma della progettazione: il bozzetto è sempre fatto a mano, si pensa a una forma, la si elabora con il software, si stampa questa forma, anche con geometrie molto complesse, e si aumenta la produttività, permettendo di utilizzare diverse resine con caratteristiche differenti. Si va dalle resine nanoceramiche per la vulcanizzazione, alle resine fondibili per fusione e microfusione, con la tecnica cera persa. Poi si passa alla finitura e lucidatura del prodotto, ancora una volta manuale”.
Oltre alla prototipazione in resina, che consente livelli di precisione altissimi (fino a 0,1mm di spessore), negli ultimi anni sono state introdotte stampanti 3D in grado di creare direttamente manufatti in oro, argento, bronzo, cromo cobalto e titanio, a partire da polveri dei metalli. La tecnologia si chiama Direct Metal Laser Sintering. Certo si tratta ancora di lavorazioni molto costose, ma che aprono decisamente la strada ad altri usi, anche e in particolare nel settore orologiero. Chi già utilizza questa tecnologia è Panerai, per la realizzazione della cassa in titanio de Lo Scienziato – Luminor 1950 Tourbillon GMT, presentato per la prima volta nel 2016 e, in una nuova versione dall’estetica ancora più convincente, allo scorso SIHH 2018. Per garantire maggiore leggerezza alla cassa in titanio Grado 5, il materiale è stato scavato dall’interno, proprio grazie alla tecnica di stampa 3D, formando una cavità geometrica assolutamente precisa, senza comprometterne l’impermeabilità (10 bar) né la solidità o la resistenza. I diversi strati da 0,02 mm di spessore, stampati in poche ore grazie al laser a fibra ottica, si fondono e solidificano perfettamente creando una geometria altrimenti non ottenibile con le lavorazioni tradizionali, con una superficie uniforme e liscia.
di Ginevra Bartoli